In un mercato del lavoro come quello attuale, la “fame” di competenza di tutte le aziende che ambiscono a un percorso di crescita comporta la necessità di “conquistare” i candidati ancor prima di un eventuale colloquio, attraverso la cura e la valorizzazione dell’immagine che passa attraverso la RETE.
Anche il colloquio, in quest’ottica, si pone come uno strumento che può e deve approfittare sempre più di spazi e dinamiche gestibili a distanza, sia per le contingenze dovute alla situazione sanitaria sia per la naturale evoluzione digitale dei processi aziendali. Già da tempo la globalizzazione ha imposto ai selezionatori l’utilizzo delle piattaforme digitali per la ricerca e la valutazione di candidati “fuori sede”, pertanto non si tratta di una novità in senso assoluto; all'interno di molte aziende, tuttavia, non è ancora stato maturato un analogo livello di confidenza, e in molto casi il colloquio a distanza è visto come uno strumento d’emergenza che non garantisce un livello di efficacia accettabile.
Le motivazioni che vengono richiamate sono numerose, a cominciare dalla mancanza di tempo fino alle più disparate difficoltà tecniche: nel complesso esse assumono l’aspetto di vere e proprie “fake news”, ovvero razionalizzazioni che nascondono un rifiuto di natura emotiva. È soprattutto la difficoltà a discostarsi dalle proprie abitudini a sostenere queste resistenze, ma anche l’impossibilità di applicare fin dal primo incontro l’insindacabile giudizio “a pelle” che indirizza il processo di valutazione, in modo più o meno conscio. L’ansia generata da questa combinazione porta al RIFIUTO del colloquio a distanza, anche a costo di rinunciare al candidato, oppure al suo SABOTAGGIO, ovvero ad una conduzione talmente impreparata e superficiale da far avverare buona parte delle scuse relative all'inefficienza dello strumento.
Una disamina oggettiva di pregi e difetti del colloquio a distanza deve necessariamente partire dall'evidenza che si tratta di uno strumento di lavoro, affinabile e perfezionabile attraverso un utilizzo costante e strutturato. Il timore che esso possa “appiattire” la ricchezza del rapporto interpersonale col candidato è infondato, in quanto il momento del contatto diretto è solo rimandato e subordinato ad un primo focus “neutrale” sulle competenze. Sostenere poi che richiede troppo tempo, oltre che falso in termini quantitativi, significa che alla selezione non è stato attribuito il giusto valore rispetto agli altri processi vitali per l’azienda: un problema sempre attuale che resta il principale responsabile di esiti insoddisfacenti.
Anche l’idea che a distanza sia impossibile valutare le competenze non è sostenibile. Benché certamente esistano mansioni basate su capacità pratiche non riproducibili in tale contesto, con gli strumenti comuni alla maggior parte delle piattaforme è possibile condividere schemi, disegni, grafici e documenti di ogni genere che consentono la comprensione del livello di partenza del candidato. Esiste anche la possibilità, specie per figure senza esperienza o provenienti da settori diversi dall'azienda, di strutturare prove specifiche per la dimensione on line basate sulla ricerca attiva di informazioni da parte del candidato, generalmente su prodotti o processi che non conosce: queste dovranno poi essere esposte al valutatore, che potrà così valutare alcune abilità e competenze trasversali (capacità logica e di sintesi, linguaggio, focalizzazione sul’obiettivo...) ma anche il livello di motivazione (serietà nell'affrontare il compito, interesse, curiosità).
Il colloquio a distanza, per essere utile, necessita di struttura e preparazione, ma soprattutto dell’individuazione di un obiettivo che consenta di strutturare un percorso efficiente. L’improvvisazione, che peraltro è sinonimo di scarsa qualità anche rispetto al colloquio in presenza, se applicata a questo strumento comporta un probabile “fallimento”, che però appartiene al valutatore più che allo strumento in sé.
La storia, anche quella recente, insegna che l’uomo possiede creatività a sufficienza per inventare strumenti sempre nuovi e adeguati alle crisi: la vera sfida è mutare prospettiva per essere in grado di sfruttarli al meglio, attribuendo loro il giusto peso rispetto ai nostri obiettivi e ai nostri sistemi di valori.
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